Quante volte ci siamo rivolti questa domanda? E quante volte abbiamo cercato di trovare una risposta? Sono molti gli studiosi che hanno lavorato su questo per tentare di capire cosa sia realmente la felicità e come risconoscerla.
Tenendo presente che si tratta di qualcosa di fortemente soggettivo, possiamo però cercare di delinearne i presupposti e i risultati più importanti che le ricerche hanno prodotto finora.
Non solo psicologi ma anche molti sociologi ed economi hanno speso molto tempo per studiare a fondo questo stato psicologico umano, attraverso esperimenti e progetti che sono durati anche diversi decenni.
Ci tengo in particolar modo a riportare l’analisi condotta da Easterlin, un professore di economia dell’Università della California, membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze. Secondo Easterlin e il suo “paradosso della felicità” introdotto nel 1974, questa dipenderebbe molto poco dall’accumulo di denaro e di beni materiali, bensì molto di più dalla qualità delle relazioni sociali che si riescono ad instaurare nel tempo, dall’ambiente in cui si vive e dalla propria salute.
Spiego però meglio il concetto. I soldi non sono certamente da demonizzare ma il denaro dovrebbe essere un mezzo per soddisfare i nostri bisogni senza dipendere da esso. E’ stato dimostrato che accumulare ricchezza può renderci felici fino ad una determinata soglia di reddito, superata la quale si osserva una sorta di inversione: la curva della felicità che scende in modo proporzionale alla crescita di denaro.
Si, perché quando il denaro non rappresenta più un bisogno per il nostro sostentamento, accumulare ricchezza su ricchezza potrebbe risultare controproducente per la nostra felicità. Nella vita di una persona il benessere economico spesso comincia a non coincidere più con quello psico-fisico, se non sono presenti anche altre componenti fondamentali. E’ stato, infatti, scientificamente provato che la felicità è data innanzitutto da rapporti affettivi profondi, relazioni sociali appaganti, buoni livelli di salute, attività lavorative e non che portano ad essere soddisfatti e la sensazione di benessere determinata dall’ambiente in cui si vive.
Far prevalere sentimenti e comportamenti positivi quali l’allegria, l’amore, la gratitudine, il perdono, la condivisione, la generosità, la curiosità, la soddisfazione (ottenuta dagli obiettivi realizzabili che ci siamo posti), rispetto a quelli negativi quali la rabbia, la tristezza, il rancore, innalza la qualità della vita e la allunga. Questo significa impegnarsi ad essere felici perché la felicità a cui si dovrebbe ambire non è quella mordi e fuggi, che deriva da un acquisto fatto o da uno stipendio più alto, ma è quella che dura nel tempo e che permette di migliorare la nostra vita.
Per ottenere la vera felicità duratura bisogna, come un po’ per tutte le cose, lavorarci un po’ su iniziando proprio dal nostro atteggiamento. Non solo, quindi, pensare positivo ma anche essere più gentili e clementi verso noi stessi davanti a sconfitte, delusioni e cattivi risultati in cui è assolutamente normale imbattersi ma dove, a fare la differenza, siamo noi, con il nostro modo di reagire e di affrontare le avversità. Ecco che la felicità che decidiamo di adottare come quasi fosse uno stile di vita, influisce positivamente su tutte le sfere della nostra esistenza come quella lavorativa, quella familiare, quella sociale, quella legata alla nostra salute.
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Per cercare di spiegare meglio in cosa consiste l’essere felici possiamo parlare di tre tipi di felicità. D. Gilbert, psicologo e ricercatore ad Harvard, identifica la felicità emotiva, morale e quella inerente al giudizio.
La felicità emotiva è quella transitoria legata ad un momento o ad un’esperienza, ad esempio quando si provano emozioni che possono originarsi dalla visione di un film o dal consumare qualcosa che ci piace particolarmente.
La felicità morale è legata alla soddisfazione data da qualcosa di più complesso come la consapevolezza di essere delle brave persone eticamente corrette e che svolgono delle buone azioni.
Il terzo tipo di felicità è più soggettivo e legato al singolo individuo, al suo vissuto e alle sue idee. La felicità in questo caso viene associata a delle situazioni che portano piacere in base al giudizio personale che si ha sul mondo.
Mi sembra molto importante porre l’accento sul concetto di piacere e di scopo legato al qui ed ora, cioè al preciso istante in cui stiamo svolgendo delle determinate azioni. Concentrarsi su queste e trarre piacere da ciò che stiamo provando significa assaporare appieno i momenti che la vita ci offre e, la consapevolezza di riconoscerli prima e di godere di questi poi è..felicità! Impariamo a fare nostro questo concetto e ad allenarci per conseguire il nostro piacere, senza pensare solamente di raggiungere la felicità nel momento in cui un nostro desiderio sarà realizzato: vivremo PIU’ FELICI.
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