Bufera di neve: Annibale e il suo esercito attraversano le Alpi, William Turner, 1812, Tate Britain, Londra
In un mio precedente articolo ho affrontato il tema della paura legata alla scelta.
Ma dopo questo passaggio cosa succede? Avviene sempre un cambiamento.
Come la scelta è spesso accompagnata dal sentimento della paura, anche il cambiamento è qualcosa a cui siamo portati a guardare con una certa diffidenza. Una diffidenza che può avere origini culturali e quindi collegata al credo popolare, essere tramandata dalla famiglia d’origine o essere riferita più alle caratteristiche personali, fino alla manifestazione di vere e proprie patologie.
Il cambiamento deriva sempre da una scelta e questa può portare a due possibili macro scenari: si decide di rimanere nella propria zona protetta oppure si decide di giungere in nuovi luoghi mai visti prima.
Cosa ci spinge ad operare verso il cambiamento e cosa invece ci trattiene?
Dietro al desiderio di cambiare può esserci la consapevolezza di essere arrivati ad un punto di svolta e si sente forte la voglia di esplorare nuovi spazi, che si possono percepire come più adatti al nostro nuovo sentire e al nostro cambiamento interiore in atto. Altre volte non siamo noi a decidere e la vita ci mette davanti a scelte inaspettate che non possiamo rimandare.
Potrebbe però accadere di rimanere fermi nella stessa posizione per molto tempo, pur desiderando ardentemente un cambiamento che tuttavia ci sentiamo impossibilitati ad intraprendere. Ci sentiamo sicuri nello spazio in cui siamo e che conosciamo molto bene, continuiamo a muoverci nel nostro piccolo con disinvoltura e senza troppi intoppi. Ci adagiamo nelle nostre abitudini e nella nostra assodata quotidianità, quasi convincendoci che qualsiasi passo verso qualcosa di diverso sarebbe non solo troppo rischioso ma anche dannoso. Fondamentalmente il sentimento della paura ci arresta e ci può precludere delle buone possibilità di progresso della nostra esistenza. Abbiamo paura di ciò che non conosciamo e così preferiamo “non rischiare”.
Può sembrare strano ma, a volte, lo osservo anche in terapia. Le persone contattano uno psicologo perché sono stanche di soffrire e di star male, perciò arrivano sempre con la convinzione esplicita di voler migliorare: cambiare. Ma capita che, ad un certo punto, lo star meglio, che è di per sé un cambiamento e quindi qualcosa di estraneo, crei timore e, di conseguenza, provochi un rallentamento dei miglioramenti o, in pochi casi, un blocco della terapia. Quindi, nonostante la sofferenza, inconsciamente possiamo preferire di rimanere nella nostra vecchia e risaputa condizione, anziché cambiare verso una condizione nuova che ci spaventa.
Porci delle domande per capire se stiamo bene dove siamo è utile per comprendere cosa vogliamo veramente. Non sempre cambiare può essere la soluzione migliore; a volte potremmo accorgerci che non servono grossi cambiamenti ma che solo apportando dei piccoli accorgimenti potremmo migliorare la nostra vita.
Altre volte, invece, provare ad andare in direzione del cambiamento, si configura come l’unica chiave per farci sentire meglio. Tentare una nuova strada ci fa capire se ci può essere un miglioramento o se invece non ne vale la pena. Un atteggiamento aperto a più possibilità ci permette di comprendere meglio dove siamo e come ci sentiamo indossando nuove vesti: nuove consapevolezze a cui non arriveremo mai continuando a rimanere nella nostra zona di comfort.
Superare la paura dell’ignoto potrebbe davvero aprirci nuove vie che mai avremmo pensato di percorrere, ma che potrebbero sicuramente arricchire il nostro bagaglio di esperienze e farci affrontare un sentimento che altrimenti ci avrebbe bloccato.
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